L’idea nasce dalla semplice convinzione che il pensiero e le azioni che motivano i makers oggi, nel rapportarsi con gli oggetti, la tecnologia e il mondo che ci circonda, siano rintracciabili nella vita e nelle opere di un grande artista e designer a noi molto caro: Bruno Munari, da non confondere con Bruno Murari (mr. Accelerometro).
La proposta è stata quella di esporre una serie di opere sotto forma di scultura meccanica, con una spiccata interattività con il pubblico che le osserva.
Punto di partenza di questo progetto sono le macchine aritmiche di Bruno Munari.
Era il 1938, Munari erede del Futurismo, si rifiuta di continuare ad esaltare la macchina, preferisce conoscerla ed usarla. Non solo: decide di distrarla e di farla funzionare in modo irregolare. In questo è fedele al suo principio di provare a fare qualcosa di diverso con un oggetto che in genere è usato o vissuto sempre per lo stesso scopo. C’è qui un lato progettuale, razionale, esatto ed un suo complementare polemico, casuale, dada.
Munari progetta macchine che funzionano come il nostro cuore quando è soggetto ad emozioni. Da un tema futurista, marinettiano quello dell’analogia tra uomo e macchina.
Pochi hanno accettato come Munari la tecnologia e il mondo della macchina; e pochissimi come lui, hanno saputo introdurre in questa sua adesione fervente un elemento di distrazione della funzionalità pura, in modo da porre accento sulla componente di una libera e gioiosa contemplazione- fruizione dell’oggetto.
Da meccanismi di orologi, carillon, ventole di phon uniti ad Arduino (con relativi sensori) , il pubblico interagisce con le sculture cambiandone il ritmo di funzionamento e quindi l’effetto finale dell’opera.
Giocare con ironia per conoscere che una cosa può essere un’altra cosa, nell’idea che l’unica costante è la mutazione. Per rimettere processi o affermazioni apparentemente giunti ad una conclusione, improvvisamente in moto da un’invenzione, una battuta che muovono al riso e alla riflessione, questo spirito è quello che ha guidato Munari nelle sue ricerche ed è per noi quanto accade nel “Tinkering” in un processo che coniuga gioco e ricerca.